perché
una campagna
sulla vulvodinia?

ritardo nella diagnosi

Ancora oggi risulta difficile abbattere un ritardo di diagnosi che in media è di 4.5 anni.
Oltre all’adeguata formazione, l’unico strumento diagnostico necessario allo specialista è un cotton-fioc.
Una delle cause più frequenti che impedisce alle donne di avere la diagnosi in tempi brevi è la mancanza di formazione degli specialisti su questa patologia.

impossibilità per molte donne di accedere alle cure

Il 61% delle donne che soffrono di vulvodinia è costretto a rinunciare alle cure o a parte di esse per ragioni economiche.

dolore cronico invalidante

Il 49% delle donne dichiara che i sintomi legati alla vulvodinia influiscono notevolmente nelle attività quotidiane tanto da incidere negativamente sulla propria capacità di studiare e lavorare.
Il 45% delle donne con diagnosi ha dichiarato di aver dovuto rinunciare a opportunità di lavoro e/o studio a causa dei fastidi e delle limitazioni connessi alla vulvodinia. 

Non curate, non credute

Il 94% delle donne ha dichiarato di aver avuto la sensazione di non essere creduta riguardo ai propri sintomi e al grado di dolore provato da familiari e amici oppure dagli specialisti a cui si è rivolta.  

una campagna era necessaria

Molte donne si sentono ripetere che ciò che provano non è reale dagli stessi specialisti che dovrebbero curarle.
Puoi leggere le loro testimonianze qui.

Ogni individuo dovrebbe avere il diritto di poter scegliere liberamente come vivere la propria condizione.
Alle donne vulvodiniche questa libertà non è concessa, pena la totale invisibilità della patologia agli occhi di medici e istituzioni.
Un sacco di donne e ragazze si stanno mobilitando attraverso varie iniziative per garantire che si parli sempre più spesso di questa patologia.
Questa campagna nasce per aiutarle affinché la vulvodinia sia riconosciuta e sia garantito a tutte il diritto alla cura.


I dati riportati si riferiscono a una survey del luglio 2020 lanciata in un gruppo Facebook di supporto alla vulvodinia che ha visto la partecipazione su base volontaria di circa 500 donne, tra cui 439 con diagnosi confermata da uno specialista.